Falso in bilancio. Irrilevanti le valutazioni

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Cassazione Penale, sentenza depositata ieri

La Quinta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza n. 33774/15, si è pronunciata, fra l’altro, in tema di false comunicazioni sociali affermando “l’irrilevanza penale dei fatti derivanti da procedimento valutativo” e ciò per effetto della riforma degli articoli 2621 e 2622 del Codice civile a opera della L. 69 del 2015.

La Suprema Corte ha osservato che la riforma del 2015 ha ripreso la formula utilizzata dal legislatore del 2002 per circoscrivere l’oggetto della condotta attiva dei reati di false comunicazioni sociali, privandola però del riferimento alle valutazioni e provvedendo contestualmente a replicarla anche nella definizione di quello della condotta omissiva, in relazione alla quale il testo previgente faceva invece riferimento alle “informazioni”.

Dunque il riferimento ai “fatti materiali non rispondenti al vero”, senza alcun riferimento alle “valutazioni”, e il dispiegamento della formula citata anche nell’ambito della descrizione della condotta omissiva consente di ritenere ridotto l’ambito di operatività delle due nuove fattispecie di false comunicazioni sociali, con esclusione dei cosiddetti falsi valutativi”.

Come se non bastasse, l’art. 2638 del Codice civile (“Ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità di vigilanza”) continua a punire i medesimi soggetti attivi (“gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci, i liquidatori di società”) dei reati di cui agli articoli 2621 e 2622 che, nelle comunicazioni dirette alle autorità pubbliche di vigilanza, “espongono fatti materiali non rispondenti al vero, ancorché oggetto di valutazioni”.

Per gli ermellini, quindi, “il dato testuale e il confronto con la previgente formulazione degli artt. 2621 e 2622, come si è visto in una disarmonia con il diritto penale tributario e con l’art. 2638 cod. civ., sono elementi indicativi della reale volontà legislativa di far venir meno la punibilità dei falsi valutativi, anche se subito dopo la riforma è stato sostenuto come non possa del tutto escludersi che l’eliminazione di qualsiasi espresso riferimento a questi ultimi sia da imputarsi alla ritenuta superfluità di una loro evocazione. Tale tesi si fonda soprattutto sul dichiarato timore di una riduzione della portata operativa della normativa e finisce per fare ricorso soprattutto a una interpretazione sistematica, partendo dall’assunto che le voci di bilancio sono costituite quasi interamente da valutazioni”.

Autore: Redazione Fiscal Focus

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