Nel calcio niente insegna di più a vincere della sconfitta

Vi racconto la mia prima vera esperienza di allenatore, che mi ha permesso di apprendere alcuni segreti che mi hanno consentito di vincere due campionati e di arrivare ad una finale di play Off negli ultimi quattro anni.

Figlio di un allenatore vincente, cresciuto a pane e pallone, sempre al fianco di mio padre nello spagliatoio durante i suoi allenamenti e durante le partite, ho giocato poco a calcio per via degli studi, ma non appena mi sono sistemato con il lavoro ho frequentato il corso allenatori e sono arrivato primo su quarantadue ammessi, fra i quali c’erano parecchi ex calciatori professionisti.

Al primo incarico in terza categoria presi alle decima giornata una squadra al terz’ultimo posto e, con un pò di organizzazione, per vincere in terza basta essere ben messi ed ordinati in campo, arrivammo sesti sfiorando i paly off.

Non passai inosservato e fui chiamato in prima categoria dalla squadra del mio paese, la Grottese, milatante in prima categoria. Ero talmente pieno di certezze, pieno di autostima senza un minimo di umiltà che non mi preoccupai minimamente dell’allestimento della rosa tanto pensavo “Basto io”.
Risultato ultimo in classifica e retrocesso.
Avevo due strade: smettere o fare una profonda anlisi degli errori e da lì ripartire.
In quella sconfitta le cose che pesarono di più furono Tre:

  1. Mancata condivisione di valori importanti.
    Avevamo giocato tanto per giocare e non per giocare bene e vincere. Non eravamo leali. Sfruttavamo ogni mezzuccio per cercare di non subire gol o per cercare di farlo. Quindi usavano atteggiamenti come la protesta, la perdita di tempo, la simulazione etc. In poche parole avevamo un atteggiamento da inferiori perchè mentalmente eravamo perdenti.
    Chi è forte non fa compromessi è leale, lotta a viso aperto, si impegna con ogni mezzo, non protesta e soprattutto quando perde, sapendo di aver fatto ogni cosa per evitarlo, riconosce la forza dell’avversario.
  2. Mancanza di un progetto Tattico e comportamentale che portasse ad individuare esattamente i giocatori con le caratteristiche tecnico tattiche compatibili con il progetto;
    Allora pensavo che esistesse un unico sistema di gioco efficacie e che dovevano essere i giocatori ad adeguarsi alle mie direttive e soprattutto non sceglievo io i giocatori perchè ritenevo che essi fossero solo delle pedine. Inoltre, non avevo dato nessuna importanza alla moralità della persona giocatore.
  3. Instabilità della mia Leadership nei confronti della squadra sia a cuasa delle continue intrusioni del Presidente sugli aspetti tattici e tecnici, sia perchè avevo, all’interno della rosa, figli e figliastri.
    Alcuni giocatori, avendo intuito che non avevo più la fiducia del Presidente, fecero combriccola e puntualmente riportavano al presidente tutto quello che si dicevano gli altri e tutto quello che accadeva all’interno dello spogliatoio. Inoltre, non avevo dato la stessa importanza a tutti componenti della rosa. Il risultato fu che la squadra non mi seguiva più.

Dopo aver fatto questa analisi profonda della SCONFITTA, alla fine dell’anno chiesi alla società una riunione di tutti i soci e presentaii questo progetto.

Punto primo

Mi sarei assunto tutto l’onere della gestione economica della squadra; dalla ricerca degli sponsor per coprire il budget alla ricerca dei giocatori ivi compresa la determinazione dei rimborsi facendo presente che se fossi stato esonerato gli sponsor, che avevano creduto nel mio progetto, avrebbero tolto il loro sostegno alla società.

Punto secondo

Risalita dalla seconda categoria alla promozione in cinque anni.
Praticamente ho detto a loro io mi sono cacciato in questa sitiazione e io mi tiro fuori Voi dovete solo assecondarmi.
Siccome la stragrande meggioranza dei Dirigenti avevano poco tempo da dedicare alla società, hanno colto al volo l’occasione per limitare il loro impegno organizzativo. Il Presidente si è adeguato e così sono riuscito a ripartire.
Durante l’estate ho studiato come un matto, ho letto di tutto su tutti i sistemi di gioco ho letto moltissimi libri sulle nuove e rivoluzionarie metodologie di allenamento che prevedeono l’abbandono dell’allenamento a secco e l’utilizzo della palla. Sono andato a vedere gli allenamenti di tante squadre, compresi quelli della Juventus. Insomma mi sono formato a 360 gradi e sono diventato ancora più bravo di quanto non lo fossi prima.

Ho scelto i giocatori chiedendo aiuto a tutti quelli che conoscevo e che non conoscevo ma che sapevo conoscevano vita morte e miracoli del calcio dilettantistico. Oggi mi vanto di essere amico intimo di quasi tutti i direttori sportivi dall’eccelenza fino alla prima categoria delle Marche, e se c’è un movimento di mercato interessante quasi sempre riesco a saperlo prima degli altri e se mi prefiggo di prendere un giocatore già alla fine di maggio ho concluso con tutti quelli che mi interessano.

I giocatori hanno capito che ero non solo l’allenatore, ma anche colui che gli pagava il rimborso spese anche perchè il Presidente fece loro, e tutt’oggi fa, questo discorso: “Se le cose vanno male prima vanno via i giocatori, poi vado via Io e poi forse va via l’allenatore.”
Ho creato una rosa ampia e ho cercato, grazie all’applicazione sistematica della ROTATION o TURNOVER, di far sentire tutti parte del progetto e soprattutto che tutti erano utili ma nessuno indispensabile. Dopo di che, ho adattato i sistemi gioco utilizzati, tanto li conoscevo tutti e sapevo come allenarli, sia con la difesa a tre o a quattro sia con una che con quattro punto, alle caratteristiche dei giocatori.
L’ultimo aspetto è stato quello che ha fatto la differenza. In campo la mia squadra doveva essere leale e non doveva mai protestare e doveva sempre giocare la palla.

Ho proibito l’uso della BESTEMMIA e inserito multe salatissime in caso di ammonizioni e squalifiche per proteste o gioco violento.
Siamo stati i primi a ridare palla al portiere invece di ridarla, vigliaccamente, in fallo laterale in una posizione in cui l’avversario sarebbe stato in difficoltà. Oggi lo fanno tutti. Il risultato è che siamo stati sempre primi sulle coppe disciplina e ci sentivamo forti psicologicamente. Senza condivisione di valori non si vince.

La retrocessione in seconda categoria è avvenuta nel maggio 2003, nel maggio 2006 dopo soli tre anni, eravamo in Promozione e nell’ultimo campionato abbiamo perso la finale play off per l’accesso in Eccellenza, il tutto con un budget al di sotto della media delle altre squadre.
Senza la sconfitta non sarei oggi quello sono e soprattutto non allenerei in promozione.
Quella retrocessione mi ha insegnato che per vincere nel calcio sono indisensabili queste componenti:

  1. Condivisione di valori importanti;
  2. Leadership stabile dell’allenatore nei confronti della società;
  3. Tutti i giocatori devono sentirsi parte del progetto e nessuno si deve sentire indispensabile;
  4. Budget di spesa rispettosi dei valori condivisi e mai sporzionati;
  5. Tanto lavoro sul campo e fuori
  6. Cura esasperata dei particolari (es. nuove metodologie di allenamento, palle inattive, posizione in campo, alimentazione etc.)

Oggi quando perdo una partita la prima cosa che faccio è domandarmi “Che cosa Ho sbagliato?” senza mai accampare scuse o fare lo scarica barile trovando le colpe negli altri. E per quanto abbia lavorato bene riesco sempre a trovare l’errore o gli errori, ed ogni volta che perdo, perchè c’è sempre uno che può batterti, divento sempre più forte e apprendo nuovi modi di vincere.

Ho scelto personalmente

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